Un’ora di vita. L’ora di religione tra libertà, senso e relazione
C’è un’ora, a scuola, che non si impone. Si sceglie. Un’ora che non ha paura delle domande, anzi le cerca. Un’ora che non si misura solo in voti, ma in respiri profondi, in sguardi che si fanno più larghi, in relazioni che si intrecciano. Un’ora che molti, sbagliando, chiamano “materia”, ma che – se vissuta bene – è molto di più: è un’ora di vita. È l’ora di religione cattolica, quella che molti scelgono – liberamente – e che ogni giorno, in ogni scuola d’Italia, si fa spazio tra un’equazione di secondo grado e una poesia di Ungaretti, tra la fotosintesi clorofilliana e il complemento oggetto. Eppure… è diversa. Non perché sia più semplice – perché non lo è – ma perché mette al centro qualcosa che le altre ore non sempre riescono a trattare: il senso. Già, perché mentre tutte le altre ore insegnano a fare, a sapere, a capire ed è fondamentale, questa insegna – o almeno ci prova – a vivere.
Lo fa a partire da un modello, che non è un algoritmo né un paragrafo di un libro, ma una persona: Gesù di Nazaret. E poco importa se i ragazzi sono praticanti o meno, se vanno a Messa o no: il suo esempio continua a parlare. Parla di scelte coraggiose, di giustizia, di amore per gli ultimi, di perdono, di dignità, di pace. Non serve essere santi per capirlo. Basta essere umani. E poi lo fa con una grande ambizione: mettere insieme, non dividere. Unire i puntini tra le domande di senso che affiorano nei corridoi e le risposte che a volte sembrano mancare. Crea ponti e non muri, avvicina invece di allontanare, allena all’empatia, al rispetto delle differenze, all’ascolto delle storie degli altri. È una palestra relazionale in un tempo in cui, paradossalmente, siamo iperconnessi ma disconnessi gli uni dagli altri. Certo, non è perfetta. Ci sono lezioni che non riescono, classi che fanno resistenza, discussioni che si spengono troppo in fretta. Ma quando accade – e accade spesso – che una domanda stuzzica, che un ragazzo osa raccontarsi, che un silenzio diventa pieno… allora sì, capisci che quell’ora è un tempo abitato. E, finalmente, dopo anni di attesa e precariato, anche per noi insegnanti è arrivata una notizia che profuma di futuro: l’ultimo concorso, atteso come una pioggia nel deserto, ha permesso a tanti di noi di uscire dalla precarietà e progettare la vita con maggiore stabilità. Un segno di attenzione, finalmente. Un riconoscimento del valore che questa disciplina ha – non solo per i ragazzi, ma per tutta la scuola. E quest’anno, come se non bastasse, c’è un’occasione in più per mettere in luce tutto questo: il Giubileo della Scuola, da vivere secondo la propria creatività. Magari accogliendo i suggerimenti presenti nell’ultima Nota Pastorale del nostro Vescovo: la Settimana dell’educazione e l’adozione di una scuola. Un tempo speciale, un invito a tornare all’essenziale. A ricordarci che la scuola non è solo un luogo di passaggio, ma una casa dove si costruisce il futuro. E il Giubileo ci chiede proprio questo: di fermarci, riconoscere il bene ricevuto e ripartire con gratitudine, responsabilità, speranza. In questo contesto, l’ora di religione ha quasi un compito profetico: annodare fede e vita, conoscenza e senso, cultura e coscienza. Far capire che l’educazione non è solo una corsa a ostacoli per arrivare a un voto, ma un pellegrinaggio interiore che insegna a camminare con gli altri.
E allora sì, vivere questo Giubileo della scuola vuol dire anche riscoprire la bellezza di educare insieme, di lasciarsi interrogare, di credere che ogni ragazzo può diventare autore della propria storia. E forse, chissà, anche un piccolo seme di pace nel mondo. Come ha detto Papa Francesco: «Il Giubileo è un tempo favorevole per riscoprire il senso dell’educazione come atto d’amore, che accompagna e trasforma la vita delle persone. Educare è un gesto di speranza». E l’ora di religione, nel suo piccolo, questo lo fa ogni giorno. Inoltre, Papa Francesco diceva: «Educare è un atto d’amore, è dare vita». Ecco: l’ora di religione, quando è fatta con cuore e testa, dà vita. Fa germogliare, accompagna, accende scintille. E allora che resti, questa ora: diversa, libera. preziosa. Spesso sottovalutata, ma capace – davvero – di cambiare la traiettoria di uno sguardo. E, qualche volta, anche di una vita.
Estratto da VOCI e VOLTI. Bimestrale dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, Anno LXI, ottobre 2025